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Genitorialità

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GENITORIALITA’
La genitorialità è il processo mediante il quale si sviluppa e si esercita la funzione genitoriale. L’attenzione, sempre maggiore, verso i bisogni dei bambini ha necessariamente focalizzato lo sguardo sui ruoli genitoriali e sulle modalità messe in atto nella relazione genitori/figli. Negli ultimi anni, sono in aumento i genitori che lamentano un forte senso di insicurezza e incapacità rispetto a questo ruolo e alle difficoltà che riscontrano nell’educare i figli, travasando, spesso, il significato di “attenzione” e “bisogni”.

Approfondisco questo argomento perché ritengo che i problemi relativi a questa funzione, sia familiare che sociale, siano di grande attualità e in grave aumento.

Inizialmente, il concetto fu studiato e approfondito dalla psicopedagogia, che descriveva il ruolo del genitore come il processo attraverso il quale l’individuo impara a diventare genitore, ovvero capace di prendersi cura dei figli. Le ipotesi psicodinamiche più recenti, invece, la descrivono come una parte evolutiva della personalità di un individuo in tutte le sue fasi.

Se la generatività, seguendo la concezione di Erikson, focalizza l’attenzione sulle capacità di educare i propri figli, svolgendo una funzione sociale, la genitorialità si sofferma, invece, sui complessi processi psicodinamici che la caratterizzano.

Secondo l’analisi transazionale, la genitorialità, in quanto processo dinamico che inizia a formarsi nell’infanzia, rappresenta il momento evolutivo più maturo della dinamica, soprattutto affettiva, in cui confluiscono tutti i messaggi verbali e non-verbali, le aspettative, gli stimoli, le richieste e i comportamenti genitoriali che la persona ha interiorizzato. Nella fase adulta, la nascita di un figlio prima e tutte le sue fasi evolutive dopo, attivano in modo intenso questo spazio mentale e relazionale, innescando le concezioni e le dinamiche relativi alla propria esperienza di figli e tutti i bisogni, le paure e le richieste legati alla propria storia evolutiva.

Per meglio comprendere la complessità e l’impatto psicologico della genitorialità basta descrivere alcune sue funzioni: affettiva, normativa, protettiva, rappresentativa, simbolica, proiettiva. Da non sottovalutare che, oltre al funzionamento psichico individuale, partecipano alla costruzione della funzione genitoriale aspetti sociali e culturali. Fino a non molti anni fa il ruolo genitoriale era supportato, se non addirittura condiviso con altre figure adulte. Ma oggi, essendo venuto meno il sostegno famigliare i genitori sono soli nella difficoltà, non hanno più risorse affettive o istituzionali dentro cui sentirsi rassicurati, consigliati e sostenuti. Molti di loro delegano esclusivamente il sistema scolastico e le figure educative a svolgere il compito assegnato a loro.

Sempre più spesso appaiono fragili, spaventati dal confronto e dal conflitto col figlio e non riescono a contenerlo, comportandosi come genitori in balia dei figli e azzerando i necessari confini generazionali. Il bambino oggi viene visto e trattato come un adulto, un amico alla pari da compiacere, da accontentare, da anticipare nei bisogni privandolo del piacere dell’attesa e della conquista, da spingere ad acquisire precocemente tutte le competenze adulte per evitare capricci infantili visti come assurdi, ma legittimi ed evolutivi a quell’età. Le fasi di sviluppo più importanti e impegnative per i genitori vengono saltate e il bambino perde la possibilità di integrare lentamente frustrazioni, delusioni, rifiuti, sconfitte.

L’aspetto nocivo della parità nel rapporto con i figli è che rinforza il sentimento di onnipotenza tipico del bambino, che si vedrà come “il più importante”, “il migliore”, “il perfetto”, non riuscendo poi da grande a stabile una relazione funzionale dove è necessario raggiungere compromessi, accettare rifiuti e insuccessi, fronteggiare conflitti. Nella parità viene anche soppressa la percezione del bambino in quanto tale, ovvero un piccolo individuo che necessita del permesso di esistere, di avere la sua età, di crescere, di confrontarsi, di esplorare, di sbagliare.

Nel ruolo genitoriale, il rapporto tra un genitore grande e un figlio piccolo è necessariamente sbilanciato e questa asimmetria è l’essenza della funzione genitoriale. L’adulto, in quanto soggetto forte della diade, costituisce per il bambino una figura protettiva, autorevole e rassicurante. E la rinuncia, da parte del genitore, a questo aspetto lascia il bambino solo, spaventato e pervaso dalle pulsioni e dalle emozioni non espresse e mai affrontate con i genitori. Ma il bisogno di contenimento è forte e importante nel bambino e crescendo lo esigerà violentemente. Nell’adolescenza il rapporto esplode, diventa sempre più ingestibile e faticoso e molti genitori inviano il figlio dallo specialista.

Altri, invece, comprendendo di essere loro ad attraversare un momento delicato e difficile con i figli, iniziano un percorso terapeutico di consapevolezza e di supporto, che ha tra le varie finalità quelle di e renderli consapevoli del proprio ruolo, di rinforzare la fiducia in sé e di migliorare la comunicazione con i figli. Rendendoli capaci di riappropriarsi della giusta dose di autorevolezza e affettività.

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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